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Il dramma di Perinetti: “Mia figlia lottava contro l’anoressia, si è lasciata morire”



L’ex d.s. di Roma e Napoli parla dopo la morte di Emanuela, 34 anni: “Non capiamo perché si sia arresa”. Oggi i funerali a Milano

L’incredulità. “Non riusciamo a capire perché si sia lasciata spegnere così”. È quella di un padre, che non riesce a capire come una figlia si sia lasciata morire in questo modo. Ed è quella di chi conosceva Emanuela Perinetti, una donna in carriera, che ci ha lasciato mercoledì a Milano. Nessuno si spiega come si sia arresa quasi passivamente una brillante manager, considerata dal 2018 tra le 150 donne più influenti nel mondo digital italiano. Emanuela era un’influencer e si occupava di marketing applicato allo sport.

I funerali

Conosciuta e apprezzata da tutti: atleti con i quali organizzava iniziative (anche di altri sport, come Fernando Alonso) e aziende con le quali collaborava realizzando progetti e start-up. Aveva 34 anni e Milano ha accompagnato la sua partenza con una classica giornata novembrina, grigia e piovigginosa. Sarà così anche oggi per l’ultimo saluto, alle 14.45, alla Basilica di Sant’Eustorgio.

Il male

Era la primogenita di Giorgio, decano dei direttori sportivi italiani, oggi all’Avellino. “Non riusciamo a capire, non riusciamo a capire – ripete Perinetti – i medici hanno fatto il possibile, sono stati bravissimi”. Una decina di giorni fa l’hanno chiamato da Milano: Emanuela era stata ricoverata al Fatebenefratelli dopo una caduta in casa. Il suo corpo era ormai gracile e debole. Amici e colleghi la aspettavano a Roma il 17 novembre per la partita della Nazionale, ma lei aveva risposto di essere rimasta a Milano per impegni di lavoro. Strano, per una che in certe occasioni non mancava mai. Il padre lo sapeva: “Da tempo stava lottando contro l’anoressia. Lei si preoccupava per me, e mi diceva che tutto andava bene. I professionisti che la seguivano le piacevano, ma forse lo diceva solo per tranquillizzarmi, perché quello preoccupato ero io”. Il ricovero e le cure sembravano funzionare, tanto che lunedì Perinetti è sceso ad Avellino. Racconta: “Martedì mi hanno chiamato, venerdì (oggi, ndr) sarei dovuto tornare da lei per fare il punto”. Invece Emanuela è morta il giorno prima, e il treno l’ha riportato da lei qualche minuto dopo. In ospedale c’era già Chiara, la sorella più piccola, anche lei manager in carriera a Milano. Ha pianto sulla spalla di papà ricordando anche mamma Daniela, morta nel 2015 per un tumore al seno.

La Roma

In questi giorni Perinetti ha avuto come base l’hotel per il quale aveva studiato una convenzione proprio Emanuela. Sono passati a salutarlo amici e colleghi e tanti gli hanno scritto. L’aveva avviata lui al mondo del calcio. I Perinetti sono di Roma e quando papà era d.s. giallorosso la figlia è diventata tifosa: “Da bambina mi aspettava dopo le partite, con gli occhi imploranti. Io dicevo: ‘torni a casa con la mamma oppure vieni col papà in pullman fino a Trigoria?’ Risposta scontata, veniva con noi e stava sulle ginocchia di Aldair e gli altri a giocare”. Negli anni di Torino ha conosciuto i giocatori della Juve, su tutti Del Piero, ma anche gli ultimi, come Pogba. Laureata alla Luiss in Innovation Management, aveva fatto un master di un anno a Seul per imparare tecniche di marketing e poi si è trasferita a Milano. Papà Giorgio è orgoglioso: “Amava il suo lavoro, era felice. Le avevo detto di una promessa fatta alla mamma per vederla guarire e lei mi diceva che ce l’avrebbe fatta. Invece l’altro giorno, quando mi ha detto che aveva ‘parlato’ con lei, ho capito che non c’era più nulla da fare. E da allora mi chiedo come sia possibile spegnersi così, senza nessun problema economico, professionale o sentimentale”. Ce lo chiediamo tutti. L’incredulità resta. Per sempre.