Giovedì un tribunale italiano ha assolto la maggior parte degli imputati sotto processo per la morte di 29 ospiti e personale quando una valanga seppellì un resort di montagna sull’Appennino sei anni fa, hanno riferito i media italiani, inclusa la TV di stato presso il tribunale.
Tonnellate di neve sono scese lungo un pendio boscoso e si sono schiantate contro l’Resort Rigopiano nella città di Farindola, nell’Abruzzo centrale, il 18 gennaio 2017.
I pubblici ministeri avevano affermato che i funzionari e gli amministratori locali, nonché il proprietario e il gestore dell’resort, avevano vari gradi di responsabilità nel disastro.
Il quotidiano italiano Corriere della Sera ha affermato che 25 dei 30 imputati sono stati assolti da tutte le accuse, compreso l’omicidio colposo, mentre cinque imputati sono stati condannati con accuse relativamente minori, come il mancato sgombero della strada per un pronto soccorso.
Grida di “Vergogna, vergogna!” e “Assassini!” esploso dai sopravvissuti e dai parenti dei morti nell’aula del tribunale di Pescara dopo la lettura delle sentenze.
In Italia le assoluzioni possono essere appellate e non si sapeva subito se i pubblici ministeri avrebbero seguito questa opzione.
Andrea Piccoli, avvocato di uno degli 11 sopravvissuti, la cui moglie period tra i morti, ha detto alla television di Stato dopo i verdetti: “Il fatto che (la valanga) non si potesse prevedere” ha prevalso nel ragionamento della corte.
Tra i condannati c’period anche l’ex sindaco di Farindola, condannato a 2 anni e 8 mesi per non aver emanato un’ordinanza di sgombero dell’albergo e di impedirne l’occupazione vista la sua posizione su un pendio a rischio valanghe.
Due funzionari della provincia che comprendeva l’space dell’resort sono stati condannati per non aver monitorato adeguatamente le condizioni stradali e rimosso la neve sulla strada e condannati a 3 anni e 4 mesi ciascuno, hanno detto i media italiani. Condanne a sei mesi sono state comminate a un ex direttore d’albergo, condannato per false dichiarazioni, e al perito tecnico che aveva firmato i lavori per le tettoie e le verande dell’albergo, ha detto il Corriere della Sera.
In attesa dei verdetti, sopravvissuti e parenti dei morti hanno drappeggiato magliette bianche, ciascuna decorata con una foto di ciascuna vittima, su 29 sedie nell’aula.
Il processo è iniziato nel 2019 e ha subito diversi ritardi, anche a causa della pandemia di COVID-19.