L’allenatore della Samp tra passato, presente e futuro: “Conte maestro di campo e di calcio. La Juve è stata una rivincita per me Bellingham è un predestinato, è nato per giocare a calcio”
“Ho sempre vissuto con tante aspettative. Tutti si aspettavano che facessi qualcosa di importante. Pian piano ho fatto quello che ho fatto, dimostrando sul campo quello che raccoglievo, sempre pronto a subire le critiche. Non è facile per un bambino vivere così, però tu devi pensare a giocare e a divertirti”. Parole di Andrea Pirlo ai microfoni di Radio Tv Serie A. L’ex centrocampista, campione del mondo 2006, si è raccontato in lungo e in largo: “Non mi sono mai posto limiti, volevo essere uno dei migliori. Volevo vincere un mondiale e una Champions League. Non mi sono mai accontentato nella mia vita; non mi bastava mai quello che avevo fatto prima, cercavo sempre di migliorarmi. Il talento si migliora con il lavoro e con gli stimoli che devono spingerti a fare sempre meglio”.
Inter, Milan e Juventus
Andrea Pirlo è uno dei pochissimi giocatori ad aver vestito le maglie di Inter, Milan e Juventus. Coi nerazzurri ha mosso i primi passi nel calcio dei grandi. Con i rossoneri è diventato un campione e ha vinto i primi trofei. Con i bianconeri, infine, ha scoperto una nuova giovinezza, diventando il regista e il cervello delle formazioni di Conte e Allegri. Così racconta la sua vita: “Da bambino ero tifosissimo dell’Inter; mio papà mi portava a Viareggio in vacanza e quando l’Inter era in ritiro in quelle zone, li raggiungevo per farmi fare gli autografi. Ma quando diventi professionista non tifi più allo stesso modo. Semmai tifi la squadra per cui giochi. Con il Milan ho vinto tutto, ma la vittoria più bella è stata la prima Champions League. La ferita per la finale ad Istanbul è difficile da rimarginare, ho anche pensato di smettere. La mia avventura con il Milan non è finita come sognavo; speravo di poter rimanere e di essere ancora utile, ma in quel periodo c’era la politica per cui agli over 30 veniva offerto solo un anno di contratto, e allora ho scelto la Juventus. È stata una rivincita per me. Avevo una grande voglia di dimostrare a tutti che ero ancora un giocatore in grado di giocare ancora ad alto livello e con la Juve ho vinto 4 campionati e siamo arrivati in una finale di Champions. Conte è stato un grande maestro di campo e di calcio”.
Allenatori
Oltre a Conte altri due tecnici hanno fatto la differenza nel suo percorso di crescita: “Ho vinto con quasi tutti gli allenatori che mi hanno allenato; con ognuno di loro conservo ricordi bellissimi. Sicuramente con Lippi ho vinto il trofeo che ogni calciatore auspica di vincere. Lucescu è stato il primo a portarmi in prima squadra: stravedeva per me e anche quando mi allenavo con i “grandi” aveva sempre un occhio di riguardo e mi spingeva a fare sempre meglio. Mazzone è stato colui che ha dato il là alla mia carriera; per lui ero il Falcao del Brescia e da trequartista o mezzala quale ero, mi ha spostato facendomi diventare regista del centrocampo”.
2006: il mondiale e il Real
Il 2006 è stato un anno molto particolare, a partire dalla vittoria al Mondiale: “Lippi scelse me come primo per calciare il rigore della finale. Non fu una passeggiata perché la tensione era tanta, però non pensai troppo e calciai”. Poi arrivò la chiamata del Real Madrid: “Era il periodo di calciopoli, e non si capiva come sarebbe ripartita le Serie A. Appena finito il Mondiale firmai un contratto con il Real, ma poi quando comunicarono che il Milan sarebbe ripartito dalla Serie A con una penalizzazione, d’accordo con Galliani, ho scelto i rossoneri”
Allenatore e giovani
Infine, Andrea Pirlo ha parlato della sua esperienza da allenatore e la sua visione sui giovani: “Allenare la Juve è stata un’esperienza bella. Era un percorso con una squadra giovane e nuova; non ho rimorsi. Allenare Ronaldo ti fa capire come si diventa il numero 1 al mondo. È un professionista esemplare in tutto: dal mangiare, al recupero, all’allenamento in sé. Con la Samp abbiamo iniziato un lavoro lungo; mi trovo benissimo e spero di poter raggiungere gli obiettivi. I ragazzi giovani, se sono forti, li vedi subito. Ma ognuno ha i suoi tempi. C’è chi ha tutto e subito come Donnarumma e chi ha bisogno di tempo in più. Il movimento calcistico italiano è uno dei pochi dove non si riesce a dare fiducia fin da subito ai ragazzi; all’estero è tutto diverso, chi merita di giocare gioca, a prescindere dall’età. Io non guardo la carta d’identità del calciatore, quello che conta è che faccia vedere le proprie attitudini e le proprie qualità. Bellingham è un predestinato, è nato per giocare a calcio ed è giusto che faccia questa carriera. È un giocatore di grandissima prospettiva accostato ad Ancellotti che è un allenatore di grande esperienza e qualità umane”.