Tra giocatori recuperati e nuovi allenamenti, così Luciano sta cambiando la Nazionale
Difesa a quattro. Un 4-3-3 fluido e più simmetrico. Allenamenti intensi, lavoro sul pressing. Dialogo con i giocatori. Recupero di azzurri dimenticati o tagliati da Mancini. Vero che questo è il momento della luna di miele e nessuno ha accusato un minimo doloretto, mentre con il Mancio negli ultimi tempi qualcuno al primo acciacco presentava il certificato medico. Aspettando il debutto di sabato a Skopje, che dirà qualcosa ma non tutto (Lippi cominciò con un ko, anche se aveva meno fretta, poi vinse il Mondiale), ecco come sta cambiando l’Italia di Spalletti.
LA TATTICA
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Si riparte dalla difesa a quattro e dal 4-3-3, il sistema di riferimento con il quale Mancini si è preso l’Europeo e il nuovo c.t. ha vinto lo scudetto. Fin dalla Macedonia del Nord, però, interpretazione e sviluppo tattico dovrebbero essere diversi. Mancini impostava lasciando dietro tre difensori e scatenando avanti il laterale sinistro (Spinazzola), quasi un attaccante in linea con il tridente già infoltito da Barella: si vedeva insomma un 3-2-5 diretto dal doppio play Jorginho-Verratti. Dalle prove di Coverciano si intuisce un primo cambiamento. Quando la palla l’hanno gli avversari, l’Italia tenta subito un pressing molto alto, a uomo, aggressivo, per conquistare il possesso, disegnando una specie di 4-4-2: la mezzala più avanzata affianca infatti il centravanti (Mancini configurava invece un 4-5-1 meno “pressante”). In fase offensiva è probabile che, come nel Napoli, il 4-3-3 sia più simmetrico. I due esterni avanzeranno in contemporanea. Uno, probabilmente Di Lorenzo, avrà due opzioni: spostarsi in mezzala oppure andare sul fondo, spingendo verso il centro l’attaccante di destra. L’altra soluzione offensiva potrebbe essere l’incursione della mezzala alla Zielinski, designando così un 4-2-3-1.
CONVOCATI
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Spalletti non è mai stato un integralista della tattica, non ha insistito su un sistema se non aveva i giocatori adatti. In teoria potrebbe anche proporre una difesa a tre, ma con pochi difensori centrali e tanti esterni d’attacco sarebbe uno spreco. Nelle prime convocazioni non ci sono state grandi novità perché sperimentare sarebbe rischioso, visto che ci giochiamo tantissimo subito e i sei punti, proprio così, sono il minimo che la classifica richiede. Interessante il recupero di Locatelli, Zaccagni e Gianluca Mancini che l’ex c.t. aveva escluso forse anche per minore sintonia personale oltre che tattica. Dentro anche Romagnoli e Casale, coppia affiatata nella Lazio, ma mai veramente nei pensieri del Mancio. Non ci sono i big trentenni che stanno giocando poco o niente (Bonucci, Verratti, Jorginho), mentre da Berardi e Buongiorno il c.t. pretende conferme. Dovrebbe arrivare presto Scamacca se la cura Gasp darà risultati: il suo identikit di attaccante potente e tecnico si adatta alle idee di Spalletti. E poi i giovani: Fagioli, Udogie, Ricci, Casadei, Miretti, Kayode, lo stesso Kean che sembra piacergli molto, sono tutti in una lista ampia, da inserire a ottobre. Spalletti non sarà coordinatore delle nazionali come previsto per Mancini. La supervisione delle giovanili fino alla U21 sarà ancora di Maurizio Viscidi, un amico di lunga data.
RAPPORTI
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Come ha detto Gigi Buffon il primo giorno, “Spalletti mi toglie le parole. Da capodelegazione dovrei intervenire ogni tanto, ma con lui non c’è mai da aggiungere altro. Penso dovrò dire poco”. Detto da Buffon, uno che le parole ha imparato a maneggiarle bene come i guantoni, è un bel complimento. Si sa, Spalletti ama chiacchierare a lungo, anche la prima conferenza è andata fuori tempo massimo. Ma quello che conta è il dialogo con i giocatori. In questo Spalletti non vuole intermediari, altra differenza rispetto a Mancini che, nel finale del ciclo, aveva chiesto (e ottenuto) l’inserimento di uno psicologo per facilitare il dialogo con gli azzurri. Motivo per cui non c’è un team manager, ma sarà Buffon a svolgere il doppio ruolo di Oriali e Vialli, soprattutto in contatto con la federazione, perché la squadra la “curerà” Spalletti.
ALLENAMENTI
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Il cambiamento più visibile è stato nei metodi di allenamento. Mancini prediligeva una gestione collegiale del lavoro sul campo, i suoi assistenti lo affiancavano sempre. Non che Domenichini, Baldini e gli altri dello staff siano fuori dai giochi, tutt’altro. Ma Spalletti ha preso subito il centro – o il famoso “quadrilatero” disegnato sul campo, altra novità relativa al possesso palla — dirigendo le sedute da solo, a gran voce, con il fischietto e i fogli in mano. In quelle pagine di appunti scritti a matita c’è tutto il lavoro del giorno: esercitazioni, schemi, prove tattiche. Non a penna, per aggiornarli in continuazione se gli venissero altre idee in corsa. E, se la seduta successiva prevede lo stesso lavoro, Spalletti riscrive comunque gli esercizi per memorizzarli. Aiutandosi anche con i video per studiare gli avversari. «Ce ne sta facendo vedere parecchi», ha rivelato Locatelli. Tattica, parole e… videotape.
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