Ripartire è la parola d'ordine con l'avvio della fase due, ma con cautela. Il Governo è infatti all'opera per studiare le misure in grado di tutelare la salute pubblica durante l'emergenza sanitaria e arriva la proposta degli imprenditori campani in accordo con le richieste del presidente della Regione De Luca, presentata al Ministero della Ricerca e Innovazione e a tutti gli
organi istituzionali per procedere con un protocollo comune su tutto il
territorio nazionale. Lo ha accuratamente spiegato Giuseppe Romano, presidente
Cise e Asi intervistato da Il Mattino: “Sono numerose le aziende nelle nostre terre e in tutto lo
Stivale che soffrono lo stop alle attività. Anche il Meridione è ricco di realtà produttive, alcune medio
piccole che rischiano maggiormente rispetto alle grandi imprese del Nord. È per
questo che stiamo studiando già dall’inizio dell’emergenza insieme a degli
esperti il modo migliore per affrontare questa situazione e danneggiare il meno
possibile l’economia. Abbiamo chiesto dei sussidi per le aziende che in parte
sono arrivati: questo permette di poter mantenere vive momentaneamente le
industrie e fare manutenzione, ma anche di pagare gli operai nonostante in
tanti casi sia ferma la parte produttiva”.
Il progetto si chiama Smarties-Covid19 Industry e ha lo scopo di salvaguardare
la salute dei lavoratori attraverso sistemi appositamente studiati, evitare
gli assembramenti e mettere a disposizione centri di assistenza sanitaria
all’interno delle aree industriali. Gli orari di lavoro saranno prolungati con turni a minore densità di operai per garantire il
distanziamento sociale. “La protezione è fondamentale all’interno delle
aziende: lavorare in condizioni di rischio contagio vorrebbe dire bloccare in
maniera sicuramente più lunga l’attività poi, come purtroppo è capitato ad
alcune aziende del Nord. Rispettare le misure di sicurezza vuol dire continuare
a produrre e tutelare i lavoratori e le loro famiglie, ed è per questo che
abbiamo sottoposto al Ministero il progetto Smarties-Covid19 Industry”, precisa Romano.
Inoltre si pensa di introdurre all’ingresso delle aree delle camere termografiche in grado di rilevare la temperatura corporea di chi accede ai
luoghi di lavoro, insieme a un portale
tecnologico che possa controllare l’uso corretto della mascherina, gli accessi
attraverso lo smartphone, il numero di persone all’interno e quindi i possibili
assembramenti, la distanza sociale.L'esterno verra invece controllato attraverso un sistema
Nvr-Dvr intelligente con video analisi on-board.
Previsto anche un
particolare bracciale indossato solo col consenso dei lavoratori che permetta di monitorare continuamente il
distanziamento sociale, la temperatura corporea e anche il livello di
saturazione di ossigeno nel sangue, e in caso di rilevamenti pericolosi il
bracciale emetterà un allarme per segnalare ulteriori verifiche, e la segnalazione
arriverà anche alla control room debitamente allestita in ciascuna azienda. I dati verranno associati a codici anonimizzati, e solo in caso di
necessità si risalirà ai dati sensibili collegati a ciascun codice per proteggere la privacy. “È sicuramente
una procedura che sta facendo tanto parlare e al momento sarà volontario l’utilizzo
della stessa. Ma è importante far capire che non è interesse delle aziende
violare la privacy dei lavoratori, l’unico interesse è tutelare la loro salute
nel bene stesso dell’azienda e degli altri lavoratori e delle rispettive
famiglie. Un ulteriore diffusione del virus potrebbe nuocere gravemente sotto l’aspetto
sanitario ma anche industriale: ecco perché da qualunque punto di vista si
guardi la priorità resta sempre la salute”, specifica il presidente Cise e Asi nell'intervista. “Il nostro progetto – continua - si ispira all’esperienza
della provincia autonoma di Trento, ma con delle opportune modifiche
migliorative. Al momento sembra l’unico modo per ripartire limitando il più
possibile i rischi. La ripartenza graduale è comunque necessaria per salvare l’economia:
in questo momento sembra aumentare notevolmente il divario tra ricchi e poveri.
Soprattutto le aziende più piccole vengono danneggiate da questa situazione poiché
soffrono anche la difficoltà degli approvvigionamenti di materie prime che
tendono a scarseggiare: hanno meno liquidità disponibile rispetto ad industrie
più grandi e riescono a sfruttare meno la velocità. Questo può ovviamente
portare al fallimento di alcune piccole attività, che invece meritano di essere
salvaguardate perché fanno parte dell’economia del Sud e ne sono in alcuni casi
addirittura motore trainante”.
Mentre resta attuale il problema delle lunghe pratiche burocratiche per la conversione delle imprese, in tanti si sono comunque attivati, come chiarisce Romano: “Devo dare atto anche della grande risposta degli imprenditori locali:
in tanti hanno riconvertito le loro attività per la produzione di ventilatori
polmonari, come le nostre aziende aerospaziali. Ma anche piccole aziende si
sono adattate alla produzione di mascherine per rendere autosufficiente il
nostro territorio. Altre aspettano di adattarsi con le misure di sicurezza
previste per la fase due in modo da evitare una prevedibile nuova carenza di
mascherine: con la nuova fase aumenterà il fabbisogno visto che alcune persone torneranno
a frequentare luoghi pubblici e posti di lavoro, e i dispositivi saranno
obbligatori. È per questo che bisogna farsi trovare pronti”.
Il Sud si propone dunque con coraggio nella ripresa economica del Paese, con dei progetti innovativi e all’avanguardia, che tengono a cuore la
salute pubblica alla base anche del buon funzionamento della nuova economia ai
tempi del coronavirus, e ora la questione è al vaglio sul piano nazionale.